Psicologia dell’invecchiamento

(di Simona Rabino)

Indubbiamente dei cambiamenti si verificano: il corpo e la resistenza fisica cambiano, così come le funzioni sensoriali (vista, udito, capacità olfattive e gustative) e le capacità cognitive. Ci si trova di fronte ad alcune idee piuttosto diffuse ma fuorvianti. Sono idee che possono influenzare negativamente il nostro approccio con una persona in stato di invecchiamento e delle quali è opportuno liberare il campo.

Idea che gli anziani siano tutti uguali, per la tendenza alla generalizzazione. Si pensa alla categoria degli anziani come ad una fascia d’età entro la quale le differenze reali ed essenziali dei caratteri individuali tendano ad attenuarsi e a sparire. In realtà si mantengono vive le differenze e le unicità di ognuno.

Un’altra idea fuorviante è che l’anziano appartenga a un’altra epoca. È pur vero che alcuni anziani, come altre persone di ben più giovane età, non sopportano la musica moderna, non riescono ad adattarsi a nuove modalità di gestione della società contemporanea o non vogliono saperne del computer, ma non sono tutti così.

Anche l’idea che la vecchiaia sia accompagnata da una progressiva autoemarginazione è fuorviante. Molti anziani sono coinvolti in varie attività di natura sociale, mentre altri tendono a vivere in modo isolato.

Vi è anche l’idea che le persone invecchiando pensino tanto alla morte. È evidente che l’idea della morte è assai più presente negli anziani rispetto ai giovani, che spesso manifestano la sindrome dell’immortalità. Tuttavia gli atteggiamenti dei singoli verso l’autunno della propria vita possono essere molto diversi: da alcuni l’autunno può essere vissuto come l’anticamera dell’inverno, da altri, invece, come il prolungamento dell’estate, con ancora molti giorni caldi e radiosi. Soprattutto, gli atteggiamenti nei confronti della morte possono essere diversi. Vi è chi ci pensa sempre, la sente come la fine ineluttabile di ogni attività e pertanto non riesce a programmare più nulla e si limita a vivere alla giornata; vi è chi invece continua a lavorare, produrre, a realizzare progetti e a partecipare con impegno a progetti altrui (in ambito famigliare, o di volontariato).

Infine, è ancora diffusa l’idea che la vecchiaia sia per tutti caratterizzata da un processo di decadimento fisico e mentale progressivo, marcato e inarrestabile. È l’idea della vecchiaia come sinonimo di malattia. Indubbiamente dei cambiamenti si verificano. Ma l’invecchiamento naturale non si verifica in tutti nella stessa misura, né avviene nella stessa misura in tutte le attività di ogni singola persona. Ogni persona è diversa dall’altra per cui si dovrà cercare e trovare il modo migliore per entrare “nel mondo” di ciascuno.

Può tornar utile qualche consiglio.

Per entrare in relazione con una persona anziana sono necessarie dolcezza, pazienza e rispetto.

È importante capire le abitudini consolidate dell’anziano (come e cosa mangia, come si veste, cosa amava fare nella sua vita, ecc) e cercare di mantenerle, perché questo atteggiamento lo tranquillizza e lo aiuta a conservare il più a lungo possibile le sue residue capacità cognitive e motorie.

È altrettanto importante dare alla persona che invecchia tutto il tempo necessario per eseguire le azioni fino alla fine, creando un ambiente calmo e rilassato, sgombro da facili nervosismi e da critiche banali a possibili errori.

Al fine di mantenere le capacità mnesiche ed attentive è utile creare ripetitività nella vita quotidiana, perché aiuta a ricordare meglio cosa si deve fare; è utile richiamare i nomi delle persone presenti in casa e di chi sta per arrivare, ricordare la data e la stagione. Sono attività che permettono di conservare più a lungo le informazioni nel magazzino della memoria a lungo termine.

È utile spiegare ogni gesto compiuto, chiedendo il permesso e la collaborazione, soprattutto quando è necessario il contatto fisico (per esempio nell’igiene personale o per la cura di decubiti, …).

È fondamentale riconoscere la dignità dell’anziano: anche se la persona mostra comportamenti infantili o bizzarri, è fondamentale tenere a mente che è un adulto che ha vissuto una vita fatta di indipendenza, di soddisfazione e di riconoscimento di ruoli.

Per quanto riguarda una comunicazione efficace con la persona anziana, ricordiamo che abbiamo due orecchie ma una sola bocca. Ascoltare vale il doppio che parlare. Prestiamo attenzione alla comunicazione non verbale, all’intonazione della nostra voce, alla postura del corpo, al contatto oculare, alle espressioni del viso, a come ci avviciniamo alla persona. Ricerchiamo canali di comunicazione alternativi alla sola comunicazione verbale, che talvolta può essere compromessa da deficit cognitivi o da distrazioni ambientali. Ascoltiamo ogni persona, osservandola con attenzione per comprendere le sue reazioni e i suoi comportamenti e per favorire un controllo di eventuali disturbi comportamentali (per esempio nervosismo, impulsività).

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